Tra le proposte oggetto di discussione del 71esimo congresso FIFA, data di inizio venerdì 21 maggio, ne emerge una che, se approvata, potrebbe comportare una rivoluzione senza precedenti nel calcio mondiale. Il punto 10.1 dell’agenda del Congresso riporta la proposta portata avanti dalla federazione calcistica dell’Arabia Saudita, la quale chiede di condurre uno studio per valutare “l’impatto di giocare la Coppa del Mondo (maschile e femminile) ogni due anni”.
Lo studio, ovviamente, aprirebbe alla concreta possibilità di modificare il calendario calcistico mondiale. Il problema è quindi evidente: un mondiale ogni due anni toglierebbe spazio alle competizioni continentali, con gli Europei della UEFA che potrebbero farne le spese maggiori. Ma cosa lascia intendere che tale proposta possa essere presa in considerazione?
Come al solito, la risposta è da cercare nel denaro. La FIFA genera la stragrande maggioranza dei propri utili negli anni dei Mondiali, e la prospettiva di raddoppiare tali introiti accorciando l’intervallo di tempo tra una rassegna e l’altra non può che allietarla. Anche perché altri tentativi di generare nuove entrate, come il Mondiale per Club o la Confederations Cup, si sono rivelate ben al di sotto delle aspettative. Ma per mettere mano a questa gallina dalle uova d’oro dovrebbe trovare un compromesso con le federazioni continentali, oltre che con i club e i calciatori, cosa che, calendario alla mano, risulta particolarmente complicata.
Il problema principale sarebbe l’incompatibilità con l’attuale calendario della federazione europea. UEFA e FIFA si alternano gli anni pari per le loro competizioni di punta: pandemia a parte, il 2018 è stato l’anno dei Mondiali, il 2020 degli Europei (spostati al 2021), il 2022 sarà di nuovo quello dei Mondiali, e così via. Una Coppa del Mondo ogni due anni toglierebbe spazio agli Europei, che anche per la UEFA rappresentano una considerevole fonte di entrate, pur considerando che il fiore all’occhiello della federazione europea rimane la Champions League, competizione che manca alla FIFA.
Diverso il discorso con le altre federazioni:
- la CAF, federazione africana, disputa già la Coppa delle Nazioni Africane ogni due anni, ma dal 2013 essa ha luogo negli anni dispari per non sovrapporsi ai Mondiali;
- la CONMEBOL, Sud America, è ancora più irregolare, con edizioni ogni quattro anni a partire dal 2007, accorciata a due tra 2017 e 2019 e allungata a tre anni tra 2021 e 2024;
- l’AFC, Asia, dal 2007 organizza la Coppa delle Nazioni Asiatiche ogni quattro anni, negli anni dispari;
- infine l’OFC, Oceania, disputa la propria competizione continentale ogni quattro anni, negli anni pari (gli stessi degli Europei).
La situazione è quindi complicata. In ogni caso, la FIFA dovrebbe scendere a compromessi con una o più federazioni continentali, e l’attrito principale potrebbe risultare proprio quello con la UEFA, la più ricca, potente e influente di tutte. Una presa in considerazione della proposta saudita si tramuterebbe in uno scontro FIFA-UEFA, che pure ora risultano strette alleate nella lotta contro la Superlega.
Ma anche nel caso in cui la FIFA trovasse un (difficile) compromesso con le federazioni, potrebbe dover affrontare un ulteriore problema: i calciatori e i club. Un eventuale schema con Mondiali ogni due anni negli anni pari e competizioni continentali ogni quattro negli anni dispari (o viceversa) lascerebbe ai calciatori una sola estate libera ogni quattro anni. E per i calciatori africani, se la CAF proseguisse con lo schema attuale, le estati libere non esisterebbero più.
Il che avrebbe ripercussioni anche sui club, che nella maggior parte degli anni non avrebbero a disposizione i propri atleti per i consueti ritiri estivi e la preparazione di rito per la stagione successiva, oltre a ritrovarsi giocatori stanchi e affaticati dai continui impegni estivi.
Difficile quindi ipotizzare una soluzione che accontenti tutti. L’alternativa più semplice sarebbe che la FIFA non desse seguito alla proposta saudita, o comunque che non andasse oltre lo studio da lei richiesto. Ma gli interessi economici, soprattutto in una situazione di profonda crisi nel mondo del calcio come quella attuale, potrebbero avere la meglio.
E sfociare non in guerra civile, come il conflitto UEFA-Superlega, ma in una vera e propria guerra mondiale del calcio.
Fonte: calcio e finanza.it