Alla fine della partita tra Atletico Granze e Tribano, match valevole per la Seconda Categoria veneta, sospesa prima del fischio finale, perché il Tribano ha abbandonato il terreno di gioco in segno di solidarietà verso il compagno di squadra preso di mira dagli insulti di un tifoso (LEGGI LA NOTIZIA QUI).
Al momento della sospensione il risultato della gara era sul 3-3, quando un tifoso della squadra di casa ha preso di mira il giocatore del Tribano Moussa Diedhou, facendo il verso della scimmia.
Questi alcuni stralci del comunicato del Giudice Sportivo:
“Se la decisione della Polisportiva Tribano di abbandonare il terreno di gioco a seguito del volgare commento di stampo razzista proveniente da un sostenitore del Granze, può essere compresa dal punto di vista etico non può essere giustificata dal punto di vista della giustizia sportiva”.
“Alla stregua delle superiori considerazioni il Giudice Sportivo, sulla base delle norme vigenti, in particolare l’artt. 10 del C.G.S. che disciplina il caso della società che ha reso impossibile la prosecuzione della gara, è tenuto a sanzionare l’abbandono del campo da parte della società ospite con la sconfitta a tavolino per 3-0, anche se una tale decisione viene adottata con personale dispiacere da parte dell’Organo giudicante che esprime solidarietà al giocatore vittima del comportamento discriminatorio.”
Il comunicato completo:
Risulta dal rapporto arbitrale che la gara in oggetto è stata sospesa al minuto 50° del 2° tempo sul punteggio di 3-3 in quanto la Polisportiva Tribano si è rifiutata di continuare la partita dopo che uno spettatore identificato come tifoso del Granze ha commentato un intervento falloso del giocatore Diedhou Moussa del Tribano con un epiteto di stampo razzista, il verso della scimmia, inequivocabilmente riferito al colore della sua pelle. L’arbitro ha altresì precisato che l’epiteto razzista proveniva da un unico tifoso e che a seguito del fatto il capitano della Polisportiva Tribano gli ha comunicato che la sua squadra non intendeva proseguire la partita. Di qui la decisione di sospendere la gara.
L’arbitro ha poi segnalato che mentre si trovava negli spogliatoi si sono verificati disordini all’interno del campo di gioco che hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, ma non essendo stato presente non è in grado di riferire le dinamiche e i protagonisti di tali disordini. La decisione della Polisportiva Tribano di abbandonare il terreno di gioco a seguito del volgare commento di stampo razzista proveniente da un sostenitore del Granze, se può essere compreso dal punto di vista etico per la particolare aberrazione insita nel verso della scimmia (che rivela ignoranza della storia e totale mancanza del senso di umanità), non può però essere giustificato dal punto di vista della giustizia sportiva. Il Codice di Giustizia sportiva, infatti, da alcuni anni contempla espressamente la fattispecie delle condotte a stampo razzista, denominate comportamenti discriminatori, e prevede per esse un sistema di sanzioni graduate a carico dei tesserati e delle società, le quali rispondono anche per i comportamenti del pubblico. Sono queste sanzioni che devono essere applicate dal Giudice Sportivo quando si verificano episodi di intolleranza. Tali sanzioni, però, non possono essere forzate unilateralmente dalla società vittima degli episodi di discriminazione (circostanza che farebbe venire meno la certezza del diritto e che si presterebbe – anche se non è il caso della Polisportiva Tribano – a possibili abusi), ma devono essere comminate dal Giudice Sportivo sulla base di una valutazione globale delle circostanze. A riprova di ciò, il Codice di Giustizia Sportiva prevede anche un sistema di esenzioni ed esimenti che escludono la responsabilità oggettiva delle società per i fatti dei loro sostenitori quando si tratta di prima violazione o quando i comportamenti lesivi degli stessi sono controbilanciati dall’adozione di modelli virtuosi da parte delle società. Sono tutte situazioni che compete di valutare al Giudice Sportivo, non alla società vittima delle condotte discriminatorie. Nella fattispecie, poi, va tenuto presente che gli ululati provenivano da un unico, isolato, spettatore, sicchè non poteva dirsi che ci fosse una situazione ambientale incompatibile con la prosecuzione della gara. Va infatti tenuto presente che è pressochè impossibile, per una società, impedire comportamenti scorretti di una singola persona. Alla stregua delle superiori considerazioni il Giudice Sportivo, sulla base delle norme vigenti, in particolare l’artt. 10 del C.G.S. che disciplina il caso della società che ha reso impossibile la prosecuzione della gara, è tenuto a sanzionare l’abbandono del campo da parte della società ospite con la sconfitta a tavolino per 3-0, anche se una tale decisione viene adottata con personale dispiacere da parte dell’Organo giudicante che esprime solidarietà al giocatore vittima del comportamento discriminatorio. Alla perdita della gara a tavolino accede e si aggiunge, ai sensi dell’art. 9 del C.G.S., la sanzione dell’inibizione per il dirigente accompagnatore della Polisportiva Tribano per avere ritirato la squadra dal campo; in considerazione delle particolari circostanze del caso, e del comprensibile dispiacere che ha provocato in tutti i tesserati della Polisportiva Tribano la discriminazione operata a danno del loro calciatore, tale sanzione viene applicata nella misura ridotta di una settimana.
Resta da valutare la responsabilità della società Atletico Granze per il comportamento del proprio sostenitore. L’art. 28 del C.G.S. (rubricato “Comportamenti discriminatori”) dopo avere definito, al comma 1°, comportamento discriminatorio “ogni condotta che direttamente o indirettamente comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore (. . .), origine anche etnica”, al comma 4 sancisce la responsabilità delle società per cori, grida e ogni altra manifestazione dei propri sostenitori che siano espressione di discriminazione. Non vi è dubbio che il verso della scimmia avesse carattere discriminatorio nei confronti del giocatore della Polispor. Tribano, in quanto era specificamente riferito al colore della sua pelle, secondo una consuetudine tanto assurda quanto diffusa. Di essi la Società è quindi responsabile ai sensi del menzionato comma 4 dell’art. 28 del C.G.S. La stessa disposizione stabilisce che per tali condotte, in caso di prima violazione si applica la sanzione minima di cui all’art. 8, comma 1, lett. d), consistente nell’obbligo di disputare una o più partite con uno o più settori privi di spettatori (questa specificazione vale solo per i campi che hanno più di un settore destinato agli spettatori). L’art. 28, comma 7, del C.G.S., prevede peraltro che gli Organi della giustizia sportiva possono sospendere l’esecuzione delle sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lett d). Trattandosi della prima violazione da parte della società Granze, si ritiene opportuno fare applicazione della sospensione della sanzione della disputa della gara a porte chiuse, con la quale si sottopone la società ad un periodo di prova di un anno. Se durante il periodo di prova la società incorre nella stessa violazione, la sospensione verrà revocata e la sanzione si applicherà in aggiunta a quella comminata per la nuova violazione. La società Granze è responsabile dell’operato dei propri sostenitori ai sensi del principio generale di responsabilità oggettiva dell’art. 6, comma 3° CGS con l’aggravante della condotta che costituisce denigrazione per motivi di origine territoriale o etnica di cui all’art. 14, comma 1, lett. (n) CGS, , ed è quindi passibile di sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 8 lett. (b) dello stesso CGS.
Visto l’art. 10 del C.G.S. si commina la sanzione sportiva della perdita della gara per 0-3 alla Polisportiva Tribano per essersi detta società rifiutata di proseguire la partita. Visto l’art. 9 del C.G.S, si delibera l’inibizione per giorni sette del dirigente accompagnatore della società Polisportiva Tribano, sig. Emanuele Decilesi, responsabile di avere ritirato la squadra dal campo; Visti gli articoli 8, 14 e 28 del C.G.S., si dichiara la società Atletico Granze responsabile per il comportamento discriminatorio posto in essere da un suo sostenitore, e si stabilisce l’obbligo per la suddetta Società di disputare una gara senza la partecipazione del pubblico. La sanzione è sospesa per un anno dalla data di pubblicazione del Comunicato Ufficiale, ai sensi dell’art. 28, comma 7, del C.G.S., con l’avvertimento che la reiterazione di comportamenti della medesima indole comporterà l’esecuzione di questa sanzione, oltre a quella prevista per i nuovi episodi, la reiterazione del comportamento, ancorché successivo allo scadere dell’anno di messa in prova, consentirà di valutare quello precedente ai fini della recidiva. Per gli stessi fatti, sempre a titolo di responsabilità oggettiva, si commina alla società Atletico Granze una sanzione pecuniaria nella misura ridotta di € 50 tenuto conto che la condotta discriminatoria proveniva da un unico sostenitore.