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Dalle tutele per il lavoro sportivo all’abolizione del vincolo: si rinvia tutto fino a inizio 2024

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Tutto rinviato. Nella conversione del decreto “sostegni” (da non confondere con il “sostegni bis” ancora in discussione) l’entrata in vigore delle norme sulle tutele per il lavoro sportivo e per l’abolizione del vincolo viene spostata di un anno e mezzo. Un rinvio tira l’altro: si passa dal primo luglio 2022 al 31 dicembre del 2023. Vincono le federazioni, perdono i sindacati degli atleti. Fra le ragioni della “sostenibilità” del sistema in un momento di grande criticità vista la tempesta Covid e quello dei diritti di chi lavora nello sport, vincono le prime. Doccia fredda per i 209mila lavoratori sportivi che stanno ricevendo in questi mesi i bonus per la sospensione delle attività sportive, ma che resteranno come minimo per altri due anni e mezzo senza tutele assicurative e previdenziali, con contratti esentasse (fino a 10mila euro) sempre ultraprecari, per esempio in caso di maternità. La decisione, anche se sono due esponenti della Lega, Emanuele Pellegrini e Daniele Belotti, a cantare vittoria pubblicamente per lo spostamento, è stata trasversale perché lo spostamento è finito nel maxi emendamento su cui il governo Draghi ha posto la fiducia e che ora arriverà blindato alla Camera. Insomma, il partito del rinvio era presente di fatto in tutte le forze politiche.
Proviamo a orientarci meglio. Il maxi emendamento, sostanzialmente, rinvia l’applicazione della gran parte delle norme decreti “sportivi”, quelli approvati ancora in era Conte-Spadafora in extremis per evitare lo scadere della delega, il 28 febbraio. Resistono solo le norme per l’ingresso degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi militari e nei corpi civili dello Stato e il fondo per “incentivare” il professionismo femminile con un percorso però praticamente tutto da costruire (solo nel calcio si è in fase più avanzata), le regole per i diritti degli animali nello sport con l’istituzione della figura del “cavallo atleta” e il riconoscimento della figura del chinesiologo nell’ambito delle scienze motorie. Per il resto, rinviati per intero tutti gli altri quattro decreti: rappresentanza degli atleti e disciplina per l’esercizio della professione di agente sportivo; riordino e riforma delle norme per la sicurezza negli impianti sportivi; semplificazione degli adempimenti per gli organismi sportivi; sicurezza sulle piste da sci (obbligo del casco).

Intendiamoci, diverse norme erano state diffusamente criticate e lasciavano anche molti dubbi interpretativi (il non aver voluto “tipizzare” le diverse figure professionali ha messo indistintamente tutto dentro, dallo studente-arbitro all’istruttore di danza che lavora da trent’anni in una palestra). Quello che sorprende però è che il rinvio, soprattutto per il lavoro sportivo, sia stato deciso senza essere arrivati a definire il vero rimbalzo in termini di costi per le società sportive federali o degli enti di promozione. Un tema su cui le cifre sono lontanissime, da una parte i 2 miliardi stimati dalla Federcalcio di Gravina (almeno su questo fronte c’è stata sempre sintonia con l’ex avversario elettorale Sibilia), dall’altra cifre decisamente molto ridotte (per esempio quelle fornite dall’Inps) anche perché fino a 10mila euro l’anno il decreto consentiva comunque di poter mantenere la condizione esentasse nell’ambito delle “prestazioni amatoriali”. Nonostante molti mesi di discussione e di approfondimenti ancora non si è riusciti a mettere un punto fermo sulle cifre. Di certo, c’erano solo i 50 milioni l’anno per due anni che erano stati inseriti nell’ultima Finanziaria per favorire l’entrata in vigore delle tutele. Il problema che ha minato la riforma è stata l’incertezza sulle coperture economiche che ha scatenato la ribellione di federazioni e società. Una questione che ha anche attraversato la campagna elettorale per il Coni con Giovanni Malagò e Renato Di Rocco schierati a difesa delle ragioni della “sostenibilità” pur sottolineando la necessità di risolvere il problema delle tutele, e Antonella Bellutti che si è sempre opposta a qualsiasi rinvio, anche promuovendo una lettera scritta con altri 40 campioni.

Fonte: Valerio Piccioni per gazzetta.it